martedì 28 maggio 2019

Il nuovo mondo


In occasione delle elezioni europee del 26 maggio riprendiamo le pubblicazioni di questo "discontinuo" blog, documentando la "rivoluzione" del quadro politico attraverso l'analisi delle variazioni dei principali partiti rispetto alle ultime politiche.

Nei prossimi post analizzeremo queste tendenze, come di nostra abitudine, in relazione a fenomeni economici e sociali.

Lasciamo dunque al lettore curioso la possibilità di navigare tra i risultati con questa dashboard interattiva.

Prima scegliete il partito o la coalizione da analizzare, poi cliccate sui grafici per evidenziare i risultati per territorio (regione, provincia e comune) e per dimensione del comune.

A presto!


sabato 31 marzo 2018

Chi ha votato per la flat tax?

I temi economici sono da sempre al centro della campagna elettorale, ma forse mai come in queste elezioni i partiti si sono rincorsi su questo terreno con proposte sempre più impegnative.


D’altra parte se il dibattito politico è sempre meno ideologico, i partiti sembrano molto attenti a ritagliare le promesse sulle convenienze del proprio elettorato, e questo meccanismo sembra oggi aver funzionato.


Già nell’analisi dell’exploit del M5S nel mezzogiorno avevamo evidenziato come ci sia una correlazione positiva tra disagio economico e incremento dei voti ai pentastellati, che hanno insistito molto sulla proposta di inserire un reddito di cittadinanza.


Qui analizziamo il voto per Lega e M5S rispetto all’altra proposta forte delle ultime politiche, ovvero l’introduzione di una flat tax sui redditi delle persone fisiche. Una proposta che avvantaggia maggiormente i cittadini con redditi più alti ma che, se impegnasse molte risorse, potrebbe riguardare anche livelli di reddito non particolarmente elevati.


Il nostro grafico riporta la media delle percentuali di voto ottenute da Lega e M5S nei comuni raggruppati per classi di guadagno medio derivante da una flat tax (in termini di riduzione di aliquota media dell’Irpef).









Una prima lettura dei dati suggerisce in modo estremamente chiaro che in effetti la Lega si afferma dove la flat tax porta i maggiori benefici, mentre in modo altrettanto netto si osserva il contrario per il M5S, la cui proposta economica principale (il reddito di cittadinanza) va in senso opposto.




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Il principale effetto è ovviamente la polarizzazione Nord – Sud, ma è molto interessante analizzare anche cosa accade all’interno delle singole ripartizioni geografiche.
 







Interessante vedere che tra i comuni del Nord, la relazione tra guadagni da flat tax e successo della Lega si inverte (nei comuni del nord con i guadagni maggiori la Lega è meno forte). Un dato apparentemente controintuitivo ma che può essere spiegato: a) dal diverso radicamento sul territorio del partito per ragioni storiche; b) dall’effetto del combinato disposto della proposta politica della Lega - flat tax + devoluzione – in cui i redditi più elevati avrebbero benefici di imposta maggiori ma sarebbero anche quelli che, via prelievo locale, sosterrebbero la parte più rilevante della spesa per beni e servizi pubblici locali. Diversa la storia al Centro-Sud. Qui la relazione tra benefici da flat tax e consenso per la Lega torna ad essere positiva, a significare che proprio l’aspettativa di una riduzione delle imposte sia stato un driver significativo del consenso della Lega in luoghi dove per definizione la “questione settentrionale” non rileva. D’altra parte in tutte le ripartizioni territoriali il consenso M5S si muove in relazione inversa rispetto al valore dei risparmi d’imposta da flat tax, punto che suggerisce la dimensione delle difficoltà che dovranno affrontare i due vincitori delle elezioni per trovare una sintesi politica e sviluppare una proposta di governo comune.



La simulazione del guadagno ottenibile da una flat tax è stata elaborata a partire dalle distribuzioni dei contribuenti per classi di reddito complessivo per singolo comune, dati messi a disposizione dal Ministero dell’Economia. Per semplicità non sono state modificate le detrazioni da lavoro, famiglia e oneri, mentre l’aliquota unica è stata fissata al 20 per cento.

domenica 25 marzo 2018

Governare paga?


Se l’esperienza di governo sembra aver penalizzato fortemente il pd a trazione renziana, non è del tutto chiaro se il M5S abbia risentito o meno di un “effetto governo” dove amministra. 

Il dato nazionale naturalmente suggerisce che se questo effetto c’è stato esso è rimasto localizzato laddove l’esperienza amministrativa non è stata convincente. E’ tuttavia importante in prospettiva capire se, come per gli altri partiti o movimenti, anche il consenso del M5S potrà rapidamente ridursi una volta al governo del Paese. Al momento la strategia di Renzi e (forse) del PD sembra basarsi proprio sull’assunto che la velocità di erosione del consenso dovuta all’effetto governo sia per i pentastellati paragonabile a quella registrata per il PD dalle europee alle ultime politiche.
L’importanza della questione non è sfuggita ai commentatori che hanno analizzato l’aneddotica relativa alle città dove il M5S amministra, con risultati non conclusivi. Attraverso l’analisi dei dati per tutti i comuni italiani possiamo invece qui proporre un’analisi più sistematica del fenomeno che può essere sintetizzata nel grafico seguente.
 




Qui si vede chiaramente che, tranne che nel centro e in  particolare al sud e nelle isole la crescita del M5S è in media significativamente inferiore nei comuni dove amministra rispetto a quelli dove è all’opposizione. 

Questo risultato può significare che: o in media le amministrazioni a 5 stelle non registrano grandi successi o che la “durezza dell’amministrare” determini di per sé un effetto negativo nella dinamica dei consensi. In ogni caso gli elettori (anche quelli 5 stelle) non sembrano disposti a concedere deleghe in bianco per molto tempo…  

domenica 18 marzo 2018

Accade al sud


Se si guarda al voto del sud, non si può non affrontare la questione movimento 5 stelle.

Dire sud oggi significa dire Movimento 5 Stelle. Non solo per l'affermazione assoluta, ma anche per la spinta che il M5S ha avuto rispetto alle ultime elezioni. Il primo grafico evidenzia una nettissima separazione geografica della variazione delle percentuali dei 5 stelle rispetto alle ultime politiche, con tutte le regioni del sud con incrementi in doppia cifra, incrementi molto più contenuti al centro e una lieve tendenza alla riduzione nel nord.







Ma cosa ha spinto al successo al sud? Una cosa sembra estremamente evidente: il disagio economico. La variabile tra quelle che abbiamo nel nostro database quella che è risultata più correlata con il risultato dei 5 stelle al sud è stata la quota di famiglie in isagio economico (dato 2013). La distribuzione comunale della quota di famiglie in disagio economico (Istat) spiega circa il 50% della variabilità dell'incremento della percentuale dei 5 stelle dalle ultime politiche. Un fenomeno che si verifica solo al sud, mentre al nord, dove i comuni presentano quote di famiglie con disagio economico molto inferiori, la tendenza non si osserva.


venerdì 9 marzo 2018

La debacle del PD II


seconda puntata 
RENZI CONTRO BERSANI



Nello scorso post abbiamo confrontato il successo e l'insuccesso di Renzi (politiche'18 ed europee'14), evidenziando come, nel calo generale, la perdita più accentuata sia avvenuta nelle zone rosse.

Se confrontiamo i risultati del PD con le politiche di 5 anni fa possiamo trarre una indicazione ancora più chiara di come il tentativo di riposizionamento al centro del PD abbia provocato una maggiore erosione dei consensi a sinistra.

Nel grafico la perdita del PD rispetto alle ultime politiche è messa in relazione alla percentuale conseguita dei Democratici di Sinistra nel 2001 (percentuali alla Camera per comune). 

Il calo del PD è stato maggiore nelle zone a tradizione di sinistra, ma a questo non si è accompagnato un recupero altrove, dove si è solo limitata la perdita.



 
Nei prossimi post allargheremo lo sguardo agli altri partiti cercando di capire bene cosa è successo al sud.


giovedì 8 marzo 2018

La debacle del PD


RENZI CONTRO RENZI

Riprendiamo le attività del blog, che colpevolmente avevamo trascurato, con alcune prime evidenze dall'analisi dei risultati delle elezioni politiche 2018 per singolo comune. 

Questa prima analisi cerca di fornire una risposta alla domanda secondo noi cruciale: ma dove sono spariti i voti che Renzi ha preso alle Europee? Praticamente i voti si sono dimezzati. 

I fattori sono molteplici, una prima risposta la possiamo trovare dalla distribuzione geografica della caduta delle percentuali del PD rispetto all'exploit delle Europee del 2014. 

Due forti evidenze: il PD Renziano ha perso di più nelle zone rosse, Toscana ed Emilia. Un forte calo c'è stato poi in Sardegna (già registrato nei consensi al referendum), in Friuli e in altre regioni con una forte tradizione di centro - sinistra: Umbria, Marche e Basilicata. 

Ha invece "retto" di più al Nord Ovest e spicca la minore caduta in Abruzzo e Molise. Grande successo in Trentino Alto Adige, il PD lì ha perso solo il 12,5 per cento! 

La scommessa di Renzi di portare il partito al centro senza perdere troppo "in casa" sarà stata troppo avventata? 

Stay tuned, nei prossimi post analizzeremo più in dettaglio il calo del PD e l'exploit di Lega e M5s. Ricordate che abbiamo in casa tutti i dati delle passate elezioni politiche dal 48 ad oggi e i dati del censimento. Arriveranno presto anche i dati delle dichiarazioni dei redditi nei comuni. 


domenica 15 gennaio 2017

Brand loyalty, ovvero la fedeltà dell'elettore

Abbiamo visto con il post precedente che, come da attendersi, la correlazione tra le percentuali del Si al Referendum Costituzionale 2016 e del PD di Renzi (elezioni europee 2014) è stata molto elevata. Ma non sempre il Si è stato in grado di replicare il risultato del PD, mentre in altri casi i convinti del Si sono andati ben oltre i voti del PD.

Vi presentiamo un rapido quadro di insieme del profilo strutturale (dimensione e collocazione territoriale) della differenza tra le percentuali del Si al Referendum 2016 e del PD alle europee 2014.

A parte il Trentino (e segnatamente la provincia di Bolzano) unica regione autonoma in cui è stato ben compreso il vantaggio che la riforma costituzionale avrebbe garantito alle regioni a statuto speciale, sono molte le regioni in cui la percentuale del Si ha superato quella del PD, e queste sono spesso collocate a Nord, con l'eccezione di Molise e Abruzzo.

Gli elettori PD sono invece risultati meno fedeli soprattutto al Sud con il caso eclatante della Sardegna dove il Si ha conseguito oltre nove punti in meno della percentuale del PD. Male anche in Basilicata, Sicilia e (forse) sorprendentemente in Emilia, Toscana e Lazio.

Netta invece la tendenza alla conquista di voti oltre il perimetro del PD nei piccoli comuni (+7% nei comuni fino a mille abitanti), mentre nei grandi centri il Si è rimasto entro i confini numerici delle percentuali del PD.

Nei prossimi post approfondiremo l'analisi della "brand loyalty" PD-Si, analizzando l'influenza degli orientamenti politici verso gli altri partiti e delle caratteristiche socioeconomiche dei territori.